lunedì 9 maggio 2011

E il 12 Giugno? Ricordiamoci dell'acqua, dell'energia, della giustizia.


Alcuni economisti ed amministratori contestano il doppio sì ai referendum abrogativi sull’acqua in quanto basati su un equivoco. Per loro è giusto negare la privatizzazione della proprietà non quella della potabilizzazione e distribuzione. Personalmente non vedo una grande differenza fra le due cose.
Bisogna riconoscere, però, che il discorso che fanno è razionale e fondato economicamente.
Secondo me sottovalutano il fatto che, al mondo, non esistono solo l'economia e la razionalità. Esiste il simbolico, ed è prevalente. L'acqua è il simbolo della vita ancor più dell'aria, visto che molte forme di vita vivono senza aria ma nessuna senza acqua.
I quorum si ottengono solo se si riesce a sfondare il confine del simbolico, altrimenti partecipano solo quelli direttamente interessati e quella frazione di elettori che si mantiene informata. Perciò non vedo possibilità di discrimine, ambedue i referendum vanno appoggiati.
Così come non esistono dubbi nei confronti di quello sull’energia nucleare, che, al di là dei non risolti problemi di sicurezza e smaltimento scorie, è altamente antieconomica. E’ nata come sottoprodotto dell’industria bellica e nessun privato si è mai sognato di investirci un centesimo in nessuna parte del mondo.
Dispiace altamente che, a causa della basilare importanza per la nostra vita di questi temi stia passando quasi inosservato quello sul cosiddetto “legittimo impedimento”, che poi è quello sulla pretesa del Presidente del Consiglio di evitare a suo piacimento di essere processato. E’ un peccato perché se è vero che senza acqua non si vive, e senza energia si vive male, senza giustizia e democrazia si torna alle condizioni politiche e civili del medioevo quando il “monarca patrimoniale” era lege soluto per il solo fatto di esistere. Non dimentichiamolo.

sabato 7 maggio 2011

Riformisti all’emiliana.


Il 17 aprile scorso è deceduto, con discrezione, come sempre era vissuto, Mentore Luccarini. Aveva 91 anni ed era stato un perfetto “campione” di quella “razza” di comunisti emiliani riformisti che ha rappresentato nella seconda metà del novecento la spina dorsale di un partito che veniva ammirato in tutto il mondo, compresi coloro che lo avversavano. Nato a Monteveglio da famiglia bracciantile si era trovato a ventanni militare nei carristi. L’8 settembre del 43, gettata la divisa tornò alle sue terre e divenne il partigiano “Gigi” nella 63° brigata Bolero Garibaldi combattendo tra le colline di Monte San Pietro. Nel 44 si iscrisse al PCI. Legato visceralmente alla terra il CLN lo incaricò segretario della Lega dei contadini ed assessore del suo comune. Nel 47 si trasferì a Bologna nella Federbraccianti fino a diventarne, dal 52 al 60, segretario ed a farne un organismo unitario con i mezzadri animato da uno spirito riformatore citato anche nel bel libro “Cronache dall'Emilia rossa” di Guido Fanti e Giancarlo Ferri. Dal 51 al 70 fu Consigliere in Provincia dove operò incessantemente per immettere idee imprenditoriali in quel mondo agricolo, istintivamente conservatore, che conosceva bene. Per un mandato divenne Assessore e Capo gruppo del PCI. Ma non poteva certo contentarsi di lavorare nelle istituzioni. Dal 60 era entrato nella Cooperazione agricola, segretario ed anima del raccordo diretto, senza grossisti intermediari, fra agricoltura e distribuzione commerciale. Raccontava di due anni in Sicilia, dal 70 al 72, Commissario delle Coop Agricole in grave crisi, anni di fuoco, come potete immaginare. Io l’ho conosciuto a cavallo del millennio, quando i suoi occhi avevano già visto tre quarti di un secolo ed il suo fisico risentiva delle eccessive sigarette che costantemente apparivano fra le sue dita. Senza quelle forse sarebbe divenuto centenario ma, contemporaneamente, non sarebbe stato il “Lucaren” che conoscevamo. Gentile e composto di modi, come il suo idolo Berlinguer, ma inesauribile nel sostenere le proprie idee. Decine e decine di personaggi come lui, schivi e lavoratori, hanno contribuito a creare il mito dell’Emilia rossa e riformista. Un mito un po’ traballante, oggi, specie nel Capoluogo di Regione. Ricordarne uno per ricordarli tutti e prenderne l’esempio mi pare utile quanto doveroso.